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Motorcity

sabato 15 giugno 2013 – PROVINCIA – Pagina 35
VIGASIO-TREVENZUOLO. Interpellanza
Motorcity,
altolà dei grillini
per le strade
Fabio Tomelleri
I deputati ai ministri competenti: «Verificare i progetti viabilistici»
Levata di scudi dei parlamentari grillini contro le nuove strade che serviranno, tra Vigasio e Trevenzuolo, il District park, l´autodromo «Motorcity» ed il Centro agroalimentare. Con un´interpellanza, i deputati del Movimento Cinque Stelle (M5S), tra cui i veronesi Francesca Businarolo, Mattia Fantinati e Tancredi Turco, hanno chiesto a Massimo Bray, ministro per i Beni e le attività culturali, e ad Andrea Orlando, titolare del dicastero dell´Ambiente, di «verificare la correttezza dei progetti viabilistici previsti per il comparto su cui sorgerà il Motorcity».
Nel mirino degli onorevoli del M5S c´è il nuovo piano per la viabilità «a stralci», approvato dal Consiglio provinciale il 4 giugno scorso. «Si tratta», evidenziano Businarolo e gli altri deputati, «di strade a quattro corsie tra Vigasio e Trevenzuolo, per una lunghezza di 9,5 chilometri e del costo di 120 milioni di euro, a servizio dei tre piani di lottizzazione. Ebbene, il via libera a queste infrastrutture è arrivato prima ancora di avere certezze che questi progetti urbanistici, costosissimi, vengano effettivamente realizzati». I grillini esprimono dubbi «sia sulla correttezza delle procedure seguite per l´autorizzazione, sia sulla verifica dell´impatto ambientale». Sull´autodromo, i deputati rimarcano: «È un progetto voluto fortemente dall´ex presidente della Regione, Giancarlo Galan. Su un´area di 4,5 milioni di metri quadrati è previsto un centro commerciale doppio rispetto a quello realizzato per le Olimpiadi di Londra. Sorgeranno inoltre un parco di divertimenti, hotel ed aree espositive. Tutto ciò verrà costruito in una zona con presenza di risorgive». Businarolo, prima firmataria del documento, chiede dunque al governo presieduto da Enrico Letta «di acquisire elementi e valutare se, nelle aree interessate da questi progetti, il paesaggio sarà debitamente tutelato e se la Soprintendenza sia stata regolarmente coinvolta nelle procedure». Per la deputata veronese, inoltre: «E´ lecito chiedersi se sia veramente necessario il Motorcity, in un momento in cui anche le strutture attrattive storiche del Veronese sono in forte difficoltà economica».
Una lancia a favore dei nuovi piani urbanistici la spezza invece l´Associazione imprenditori di Vigasio (Aiv) che però chiede certezze sulle opere. «Da quasi 14 anni», rimarca il presidente Maurizio Mischi, «la complessità delle procedure impedisce una decisione chiara su insediamenti che potrebbero portare opportunità alle aziende e lavoro ai disoccupati». Quindi aggiunge: «Se questi progetti sono considerati irrealizzabili, la politica indichi vie alternative per lo sviluppo del territorio».

Ci meritiamo “solo” una nuova italia

Una mattina di aprile triste, un silenzio strano. Quella poca gente che si vede in giro nelle città la domenica mattina non sorride e tira dritto. Ti senti come il giorno dopo la scomparsa di una persona cara. Quella indefinibile mancanza che provi dentro, che non riesci ad accettare e che sai ti accompagnerà troppo a lungo. La Repubblica, quella che si dice democratica e fondata sul lavoro, ieri è morta. Pensi al sorriso raggiante di Berlusconi in Parlamento, risplendente come il sole di mezzogiorno, dopo la nomina di Napolitano, e ti domandi come è possibile tutto questo, pensi ai processi di Berlusconi, a MPS, alle telefonate di Mancino, ai saggi e alle loro indicazioni per proteggere la casta. Sai che alcuni di loro diventeranno ministri. Ti viene lo sconforto. Tutto era stato predisposto con cura. Un governissimo, le sue “agende” Monti e Napolitano, persino il nome del primo ministro, Enrico Letta o Giuliano Amato, e un presidente Lord protettore dei partiti. Uno tra Amato, D’Alema o Marini avrebbe dovuto essere l’eletto. Rodotà ha rovinato i giochi. Ed ecco il piano B con il rientro di Napolitano che fino al giorno prima aveva strenuamente affermato che non si sarebbe ricandidato. E di notte, in poche ore (minuti?) si è deciso (ratificato?) il presidente della Repubblica e la squadra di governo. Chiamala, se vuoi, democrazia. L’Italia ha perso e, non so perché, mi viene in mente il pianto disperato di Baresi dopo la finale persa ai rigori con il Brasile nel 1994. Il MoVimento 5 Stellle è diventato l’unica opposizione, l’unico possibile cambiamento. Il Partito Unico si è mostrato nella sua vera luce. Noi o loro, ora la scelta è semplice. Coloro che oggi sono designati al comando della Nazione sono i responsabili della sua distruzione. Governano da vent’anni. Per dignità dovrebbero andarsene, come avviene negli altri Stati. Chi sbaglia paga. E chi persevera paga doppiamente. Entro alcuni mesi l’economia presenterà il conto finale e sarà amarissimo. Dopo, però, ci aspetta una nuova Italia.

Pensavamo di aver toccato il fondo

Quindici mesi fa il governo italiano era in default l’allora capo dello stato designava il governo dei tecnici , il governo dei Montini.
Bene dopo piu di un anno dopo una tornata elettorale cosa e successo?
esattamente niente!
Stesso presidente stessi partiti stesso governo tecnico.
Se si crede di aver toccato il fondo…..be….. il fondo lo abbiamo toccato, lo abbiamo rotto , stiamo scavando …… consolatevi a furia di scavare si arrivera in Cina dove la “Democrazia” e piu vera di quella Italiana.

Tutti a protestare davanti alle Prefetture!!!

Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. E’ in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. Sono disperati. Quattro persone: Napolitano, Bersani, Berlusconi e Monti si sono incontrate in un salotto e hanno deciso di mantenere Napolitano al Quirinale, di nominare Amato presidente del Consiglio, di applicare come programma di Governo il documento dei dieci saggi di area pdl/pd che tra i suoi punti ha la mordacchia alla magistratura e il mantenimento del finanziamento pubblico ai partiti. Nel dopoguerra, anche nei momenti più oscuri della Repubblica, non c’è mai stata una contrapposizione così netta, così spudorata tra Palazzo e cittadini. Rodotà è la speranza di una nuova Italia, ma è sopra le parti, incorruttibile. Quindi pericoloso. Quindi non votabile. Il MoVimento 5 Stelle ha aperto gli occhi ormai anche ai ciechi sull’inciucio ventennale dei partiti. Il M5S da solo non può però cambiare il Paese. E’ necessaria una mobilitazione popolare. Io sto andando a Roma in camper. Ho terminato la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia e sto arrivando. Sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese.

Repubblica o Monarchia….. dove siamo oggi?

Il golpe è iniziato da anni. Un golpe alla luce del sole per delegittimare e svuotare il Parlamento. L’Italia non è più una repubblica parlamentare, come previsto dalla Costituzione, ma una repubblica partitica. I partiti hanno sostituito la democrazia. La volontà popolare è diventata una barzelletta. La delegittimazione del Parlamento è avvenuta in due mosse. Il Governo, che dovrebbe governare, ha di fatto sostituito l’attività parlamentare e legifera attraverso i decreti legge, provvedimenti provvisori avente forza di legge, che dovrebbero essere adottati SOLO in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione. La seconda mossa è stata la nomina diretta dei parlamentari da parte dei segretari di partito grazie al Porcellum. I partiti hanno occupato il Parlamento con delle sagome di cartone e spossessato della sua funzione legislativa. Se questo non è un golpe cosa lo è?
La situazione si è aggravata dopo la “non sfiducia” a Rigor Montis, che si è “non dimesso” (in effetti è ancora in carica…). Da metà dicembre il Parlamento è entrato definitivamente in coma, ormai ha un encefalogramma piatto. Scioglimento delle Camere anticipato (e non necessario), nuove elezioni e dopo quattro mesi non sono ancora state formate le Commissioni parlamentari che hanno il compito di esaminare i disegni di legge. Non c’è alcun impedimento costituzionale o di altro tipo per istituirle, ma i partiti non le vogliono. Il motivo è semplice. In Parlamento c’è ora un nuovo arrivato, un imprevisto, il M5S che vuole avviare al più presto una serie di leggi che per pdl e pdmenoelle sono come l’aglio per i vampiri. Legge sul conflitto di interessi, legge anti corruzione, applicazione della legge sulla ineleggibilità, legge per togliere con effetto retroattivo da questa legislatura il finanziamento pubblico ai partiti, eccetera, eccetera.
La ragione (inesistente) per non fare le Commissioni è che non c’è un Governo. Una balla ad uso pdlpdmenoelle. Grazie a questa fandonia si potrebbero ottenere risultati da Guinnes dei primati. O un Parlamento bloccato fino alla formazione del prossimo Governo a fine maggio (dopo la nomina del presidente della Repubblica), con l’Italia da dicembre 2012 a giugno 2013 senza un Parlamento effettivo (in più dopo giugno arriva l’estate con la chiusura di 40 giorni di Camera e Senato per le vacanze). O un’ipotesi ancora peggiore: nuove elezioni a giugno con un Parlamento che entrerebbe in attività solo a fine 2013. Un anno di blocco. Il MoVimento 5 Stelle vuole un Parlamento in pieno esercizio da ora. Il Paese è al collasso e l’attività legislativa è bloccata. Un suicidio. Commissioni subito o partiti commissariati. Il Parlamento deve ritornare a essere sovrano.

LA TRASPARENZA DEL SITO WEB COMUNALE

Sin dall’ inizio della sua attività in Consiglio Comunale il Movimento 5 Stelle ha sempre sostenuto che la trasparenza doveva essere un elemento irrinunciabile per ben amministrare Isola della Scala. Dopo essere riuscito ad introdurre le riprese video dei consigli comunali e la loro pubblicazione sul sito del comune (ricordiamo che non vengono trasmessi in diretta per decisione del sindaco Miozzi), il Movimento è riuscito anche ad impegnare l’ amministrazione circa la trasparenza del sito web del nostro Comune.

Utilizzando uno strumento messo a disposizione dal Governo, chiamato “La Bussola della Trasparenza dei Siti Web” http://www.magellanopa.it/bussola/, abbiamo potuto verificare quanto fosse insoddisfacente il servizio reso dal sito internet ai cittadini utenti ed allo stesso tempo capire quali fossero le mancanze. La Bussola della Trasparenza attraverso il suo software non fa altro che confrontare i contenuti del sito di Pubblica Amministrazione preso in esame con i contenuti minimi definiti nelle linee guida stabilite dalla legge. La verifica aveva sentenziato che solamente 9 indicatori su 42 soddisfacevano i criteri di trasparenza richiesti e per noi questo risultato non era degno di una città come Isola della Scala.

Attraverso la mozione presentata dal Movimento e votata all’ unanimità dal consiglio comunale abbiamo impegnato l’ Amministrazione a rispettare al 100% le linee guida dei siti web delle PA e di conseguenza a garantire massima trasparenza e presenza dei contenuti. Già da ora si possono vedere i primi risultati, infatti il “voto” dato al nostro sito web comunale è salito a 26/42 ed anche i cittadini possono costantemente testarlo e vedere i miglioramenti che di volta in volta vengono effettuati.

Ma per arrivare al massimo dei “voti” manca ancora molto, ad esempio la pubblicazione dei bilanci. Quindi non ci resta altro da fare che incitare i nostri amministratori e dire loro “Forza, ce la potete fare”

Firmate per l’acqua!!!!!!!!!

UN MILIONE DI FIRME
PER FERMARE LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA,
MANCA ANCORA LA TUA!

L’iniziativa dei Cittadini Europei per chiedere alla Commissione Europea che le risorse idriche siano messe fuori dal mercato ed al riparo dai tentativi di privatizzazione ha superato il milione di firme.

È un risultato importante per contrastare la privatizzazione del servizio idrico voluta dalla Commissione Europea e rafforzare la battaglia per l’applicazione del referendum sull’acqua in Italia.

Per centrare l’obiettivo è necessario che in almeno 7 paesi si raggiunga la quota minima stabilita.

In Italia mancano 40 mila firme per raggiungere il quorum e 100 mila per contribuire a raddoppiare e raggiungere i due milioni complessivi entro il 22 marzo, giornata mondiale dell’acqua.

Aiutaci a trasformare l’acqua in un bene comune in tutta Europa.

5 piccole azioni in 5 minuti per partecipare anche tu all’iniziativa

1) Se non hai ancora firmato fallo al più presto

2) Se hai firmato convinci almeno altre due persone a farlo

3) Condividi sui social network la pagina http://www.acquapubblica.eu

4) Scarica qui la cover dell’ICE ed esponila sul tuo profilo facebook fino al 22 marzo

5) Inoltra questa e-mail a tutti tuoi contatti

Leggi qui che cos’è l’Iniziativa
dei cittadini europei

clicca qui per firmare

Parlamento e volontà popolare: su 27 proposte di legge, solo una arriva in aula

tramite Il Fatto Quotidiano » Politica & Palazzo di Thomas Mackinson il 12/03/13

Come entra in Parlamento è già morta, riposi in pace la volontà popolare. Ripristino delle preferenze, criteri di eleggibilità, taglio ai costi della politica, finanziamento pubblico ai partiti sono i temi forti dell’ultima campagna elettorale. Selezionati, depositati e stampati su programmi zeppi di impegni e promesse: vota con fiducia, li porteremo in Parlamento. Così le rinnovabili, la cancellazione di Equitalia e il salario sociale. A ben vedere quei temi in Parlamento c’erano entrati da un pezzo, sospinti da altrettanti disegni di legge d’iniziativa popolare che i cittadini hanno sperato di portare all’attenzione dei partiti, sotto il peso di un milione e mezzo di firme. Una fatica inutile, perché agli onorevoli cinque anni non son bastati per esaminarle, portarle in aula e approvarle. La XVI Legislatura si chiude con 27 proposte presentate, una sola approvata e tutte le altre sepolte nel cimitero della volontà popolare, sotto l’insegna “stati non conclusi”. Per l’esattezza: 15 sono state assegnate alle competenti commissioni senza mai essere discusse, nove hanno iniziato l’esame e lì si sono fermate, una è ancora da assegnare.

Si dirà che quelle proposte erano strampalate, lontane dal dibattito pubblico e dall’interesse generale. Tutto il contrario: andavano dritte al cuore di problemi che i partiti, avendo accuratamente evitato di affrontare, hanno potuto riproporre agli elettori come nuovi ed emergenti in campagna elettorale. Il solito slogan: vota con fiducia che li porteremo in Parlamento. Tra le vittime eccellenti di questa perversione spiccano la riforma della legge elettorale e la questione degli impresentabili in lista. Quanto se n’è parlato! Eppure cinque anni fa un disegno di legge impegnava il Parlamento a riformare i “criteri di candidabilità ed eleggibilità, decadenza e revoca del mandato e reintroduzione delle preferenze”. Era tutto lì – perfino il limite di due mandati – scritto in cinque articoli di poche righe ciascuno che il senso comune avrebbe sottoscritto al volo. Per gli onorevoli, però, doveva essere aramaico perché ne hanno discusso per anni senza venirne a capo. E non è colpa della burocrazia parlamentare: il testo è stato presentato all’ufficio di Presidenza il primo giorno della XVI legislatura (29 aprile del 2008), l’indomani viene trasmesso al Senato e il giorno successivo è puntualmente assegnato alla commissione Affari costituzionali. Pronti, via. E invece no. Il testo inizia il rimpallo delle commissioni e finisce per perdersi nel porto delle nebbie. Dopo cinque anni è ancora “all’esame della commissione”. Stesso destino per un secondo disegno di legge che chiedeva la reintroduzione del voto di preferenza: presentato a gennaio 2009, Oltre 20mila interrogazioni senza esito

Gli onorevoli domandano, ma il governo risponde una volta su due. Un dialogo tra sordi in un luogo che pur si chiama “parlamento”. L’ultima legislatura si chiude con 47mila tra mozioni, interpellanze, interrogazioni a risposta scritta e orale, ordini del giorno in assemblea. Un sacco di lavoro, di impegno e di tempo. Ma come sono andati a finire? Metà di quegli atti non hanno avuto seguito. Dal 2008 al 2013, in cinque anni, l’aula ha interrogato l’esecutivo 28mila volte con la speranza di una risposta scritta, altre 3.600 volte per una risposta orale. Ma ministri e sottosegretari hanno risposto “solo” 12mila volte. Oltre 20mila atti non hanno avuto alcun riscontro da parte dei ministri e dei sottosegretari del governo. Messi tutti insieme – interpellanze, mozioni e atti di sindacato ispettivo – solo il 53% ottiene una risposta, una su due cade nel vuoto.

In cinque anni 27 proposte di legge di iniziativa popolare, ma una sola arriva in aula. Erano un antidoto alla Casta, sono state affossate insieme a un milione di firme dopo un mese viene assegnato alla commissione competente. Che fine ha fatto? A distanza di quattro anni l’esame non è neppure cominciato. Così la proposta che vaneggiava di “riduzione degli stipendi, emolumenti, indennità degli eletti negli organi di rappresentanza nazionale e locale”. Idem per la revisione del sistema di riscossione e di Equitalia, entrata nel paniere della propaganda di tante forze politiche. Macera dal 2009 in commissione Lavoro il disegno di legge per introdurre un salario sociale che – quattro anni dopo, nel 2013 – diverse forze politiche hanno riproposto come nuovo per stringere un patto nell’urna con gli elettori. E ancora: difesa dell’acqua pubblica, sostegno economico ai comparti delle energie rinnovabili, della ricerca, dell’istruzione. L’unica proposta di iniziativa popolare approvata nella legislatura che si chiude a giorni è divenuta la legge 96/12, quella con cui i tecnici hanno dato una sforbiciata ai contributi pubblici in favore di partiti e movimenti politici. Ma il testo originale, accompagnato da 50mila firme, parlava di “abrogazione”, non di “riduzione”. Il giro in commissione ha aggiustato il tiro.

Viene da chiedersi, facendo questo elenco, se tutto questo sia normale. Se sia cioé accettabile e legittimo che cittadini chiamati a rappresentare il popolo italiano ne seppelliscano poi le volontà infondo al pozzo dell’attività parlamentare. Recentemente il M5S ha posto il tema, raccogliendo storiche battaglie di democrazia rimaste orfane. Molti giuristi, del resto, ritengono quel comportamento un abuso del diritto. “Il nostro ordinamento – spiega il costituzionalista Antonio D’Andrea – assegna un ruolo rilevante agli istituti di iniziativa popolare anche oltre il referendum abrogativo. Ciò, a ben vedere, si ritrova puntuale nei regolamenti parlamentari, laddove prevedono speciali misure di salvaguardia rispetto alla decadenza delle proposte di legge”. Quelle di iniziativa parlamentare o governativa non approvate, infatti, decadono automaticamente e devono essere ripresentate da capo nella nuova legislatura. “Quelle di iniziativa popolare (e regionale) non decadono ma vengono incamerate automaticamente senza il bisogno di una formale riproposizione. In pratica hanno uno speciale corridoio di salvaguardia rispetto all’interru – zione dei lavori e al valore delle firme raccolte che verrebbero altrimenti dispersi. Per rafforzare l’istituto popolare, del resto, non sarebbe necessaria una modifica costituzionale, basterebbe agire sui regolamenti parlamentari prevedendo l’obbligatorietà di una deliberazione entro un termine stabilito”.

Resta il dubbio, infine, che la morte delle leggi popolari per “inedia” parlamentare sia ben lontana, se non contraria, ai principi della Carta Costituzionale. Quella, per intenderci, su cui giurano il Capo dello Stato e i membri del governo, presidenti di regione e forze armate prima di assumere le loro funzioni, ma non i parlamentari che – agli albori della Repubblica – avevano già imparato l’arte di affossare quel che a loro non conviene. Era il 19 settembre del 1946 quando la Commissione costituente iniziò a discutere del giuramento di fedeltà dei deputati alla Carta e alle leggi della Repubblica. Un anno e 15 sedute dopo, tra veti incrociati e obiezioni irriducibili, i padri costituenti gettarono la spugna e approvarono l’articolo 51 senza impegni. Da allora, a quanto pare, il parlamentare italiano rimane fedele soprattutto a se stesso e la volontà popolare riposa in pace.

Da Il Fatto Quotidiano del 12 marzo 2013